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JSN Immigrazione Comunicato Decreto Minniti – Società Italiana di Medicina delle Migrazioni

Comunicato Decreto Minniti – Società Italiana di Medicina delle Migrazioni

L’Assistenza Sanitaria San Fedele, insieme ad altre realtà lombarde appartenenti alla Società Italiana di Medicina delle Migrazioni, in riferimento al Decreto Legge 17 febbraio 2017, n. 13 “Disposizioni urgenti per l’accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché per il contrasto dell’immigrazione illegale” (cosiddetto decreto Minniti), riteniamo fondamentale esprimere profonde riserve e evidenziare forti perplessità sul modello di intervento che esso indica.
Notiamo che l’impianto del provvedimento è motivato ancora una volta da motivi di sicurezza e controllo dell’ordine pubblico, e che di fronte a un supposto “aumento esponenziale” delle domande – peraltro non verificatosi, si vedano i dati ISTAT al proposito – non si ritiene di intervenire a maggiore tutela e garanzia dei diritti dei richiedenti protezione internazionale sancito all’art. 10 della Costituzione.
Sicuramente è auspicabile che si riducano i tempi di attesa per la valutazione della domanda di protezione e l’applicazione definitiva dei provvedimenti conseguenti. Gli studi scientifici condotti anche in Italia hanno evidenziato l’impatto negativo sulla salute dei richiedenti asilo dei lunghi tempi di attesa trascorsi in condizioni di precarietà.
Riteniamo tuttavia da rigettare l’idea di fondo che il raggiungimento di una maggiore efficienza vada perseguito con la riduzione delle tutele e ledendo il campo dei diritti soggettivi – concordando con il parere espresso da diverse realtà, non ultima l’Associazione Nazionale Magistrati, che esprime “fermo e allarmato dissenso” verso l’attuale testo.
Non si ravvisa la necessità di istituire un “diritto speciale” per gli stranieri richiedenti protezione, poiché si trovano, all’interno delle norme previste dal nostro ordinamento, procedure adeguate e coerenti con le garanzie relativamente ai diritti soggettivi della persona: il diritto alla protezione internazionale e il diritto alla salute.
Ravvisiamo invece la necessità di dare piena attuazione allo spirito e alla lettera della legislazione laddove prevede percorsi di inclusione per i richiedenti protezione internazionale.
In particolare, per quanto riguarda l’assistenza sanitaria, è ineludibile la piena applicazione dell’Accordo della Conferenza Stato-Regioni del 20.12.2012 “Indicazioni per la corretta applicazione della normativa per l’assistenza sanitaria alla popolazione straniera da parte delle Regioni e Province Autonome italiane”, il quale disciplina la tempestiva iscrizione della persona richiedente asilo al sistema sanitario nazionale con piena inclusione nelle cure
primarie, e l’assegnazione del pediatra di libera scelta per tutti i minori presenti sul territorio nazionale.
Vogliamo sottolineare come una corretta valutazione dello status di protezione internazionale richieda in realtà risorse e tempi adeguati, per tenere conto delle esperienze migratorie e premigratorie da parte dei richiedenti, controllando i possibili fattori di distorsione – pensiamo alle pressioni generate nelle commissioni e nei tribunali dagli alti carichi di lavoro e dal raffronto con situazioni complesse e, potenzialmente, emotivamente coinvolgenti.
Esprimiamo notevole preoccupazione per l’introduzione di nuovo centri di detenzione, denominati Centri di Permanenza per i Rimpatri (in luogo di Centri di Identificazione e Espulsione – CIE, secondo la legge vigente). Il cambio di denominazione non ne cambia le funzioni, ma le estende ai richiedenti asilo che abbiano presentato ricorso contro un primo diniego.
Nelle Raccomandazioni finali del XIV Congresso SIMM nel 2016 [https://www.simmweb.it/images/XIVCongrSIMM2016/2016.Raccomandazioni_finali_XIV_Congresso_SIMM_2016_final.pdf] avevamo già reiterato la nostra forte preoccupazione per gli effetti dannosi dei CIE, e ne avevamo auspicato la chiusura
La detenzione di uno straniero richiedente asilo – perché tale è fino al giudizio definitivo – collide drammaticamente con il dettato delle norme internazionali e nazionali e costituisce un vulnus gravissimo e potenzialmente irrecuperabile per la salute delle persone che si erano affidate alla Repubblica per avere protezione.
A fronte dei significativi stanziamenti previsti per l’apertura di nuovo centri di detenzione, sarebbero essenziali, invece, interventi di miglioramento della qualità dell’accoglienza per i richiedenti protezione.
Tra questi vanno comprese azioni di supporto al lavoro del personale impegnato a vario titolo nella gestione del percorso (componenti le commissioni, giudici, forze dell’ordine, etc.), attraverso un impiego di risorse proporzionate al carico di lavoro ed un costante supporto in termini formativi e di sostegno, quando necessario.
Adeguati investimenti in questo senso, oltre che ad abbreviare i tempi di attesa di valutazione (ad oggi eccessivamente prolungati) limiterebbe il tasso di decisioni erronee e tutelerebbe il personale stesso. Verrebbe ridotto inoltre lo stress aggiuntivo prodotto sui richiedenti asilo, minimizzando il rischio di fenomeni di nuova traumatizzazione.
Il decreto, al contrario, devolve alla formazione dei magistrati delle “sezioni specializzate” poche migliaia di euro, mentre 13 milioni sono destinati alla realizzazione dei centri di espulsione.
Auspichiamo pertanto che il decreto non venga convertito in legge, e che le prossime settimane diano invece occasione di riflettere su quali siano i correttivi necessari per garantire un sistema di accoglienza equo e sostenibile.
Siamo disponibili per quanto attiene alle nostre competenze a condividere nuove ipotesi di lavoro.

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